Arte Povera and South African Art: In Conversation
Per celebrare i 55 anni dalla definizione di Arte povera, un duplice progetto espositivo costituito da ARTE POVERA 1967-1971 a cura di Ilaria Bernardi e INNOVATIONS IN SOUTH AFRICAN ART, 1980S 2020S a cura di Thembinkosi GoniweArte Povera and South African Art: In Conversation
Il 27 settembre 1967 a Genova,
presso la Galleria La Bertesca, Germano Celant
presenta la mostra “Arte povera Im-spazio” in
occasione della quale conia la definizione di Arte
povera per indicare, come scrive in catalogo, il
processo linguistico di alcuni artisti italiani che
“consiste nel togliere, nell’eliminare, nel ridurre
ai minimi termini, nell’impoverire i segni, per
ridurli ai loro archetipi”.
Il duplice progetto espositivo intitolato “Arte
Povera and South African Art: In Conversation”,
promosso dal Consolato Generale d’Italia a
Johannesburg presso il Wits Art Museum di
Johannesburg dal 31 ottobre al 9 dicembre prossimi,
intende celebrare i 55 anni da quella prima
esposizione e definizione nel 1967, proponendo da un
lato, un primo approfondimento sull’Arte povera nel
Continente africano; dall’altro, una prima
riflessione sulla sua influenza oltre i confini
nazionali, nello specifico in Sudafrica.
Il progetto presenta pertanto due componenti tra
loro in dialogo: la mostra “Arte Povera 1967-1971”,
a cura della curatrice italiana Ilaria Bernardi, e
la mostra “Innovations in South African Art,
1980s-2020s”, a cura del curatore sudafricano Thembinkosi Goniwe.
“Arte Povera 1967-1971”, a cura di Ilaria Bernardi,
rappresenta la prima mostra dell’Arte povera sul
Continente africano e la prima mostra sull’Arte
povera dopo la scomparsa del suo teorizzatore,
Germano Celant, avvenuta nel 2020. Ha pertanto
un’importante valenza storica.
La mostra accoglie le opere dei 13 artisti che sono
considerati gli esponenti canonici dell’Arte povera:
Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo
Calzolari, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario
Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali,
Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Emilio
Prini, Gilberto Zorio.
La curatrice Ilaria Bernardi, anziché proporre una
retrospettiva generale sulle ricerche di questi
artisti, ha preferito adottare un concept più
originale, meno scontato, capace di restituire la
vivacità e il dialogo esistenti tra artisti e opere
nella seconda metà degli anni Sessanta. Al Wits Art
Museum saranno perciò esposte opere datate perlopiù
tra il 1967, anno in cui Celant conia il termine
Arte povera, e il 1971, anno in cui egli postula che
l’etichetta Arte povera deve dissolversi affinché
ogni artista possa assumere la sua singolarità. La
mostra desidera dunque approfondire la prima fase di
quella ricerca definibile “povera”, ma al contempo
si propone di coglierne i comuni denominatori che
hanno portato Celant a definirla tale. Da qui
l’aggiunta di alcune opere realizzate negli anni
immediatamente precedenti al 1967. Accanto alle
opere, la mostra includerà un ampio apparato
fotografico e documentario al fine di fornire un
approfondimento cronologico, storico e critico
dell’Arte povera e delle ricerche dei suoi artisti.
La mostra “Innovations in South African Art,
1980s-2020s”, curata da Thembinkosi Goniwe,
sottolinea invece la traiettoria di sperimentazione,
scoperta e improvvisazione nel lavoro di un gruppo
selezionato di artisti sudafricani. Il loro lavoro è
radicato a livello locale ma orientato a livello
internazionale nelle sue esplorazioni visive
parallele, sovrapposte e intersecate con movimenti
artistici come l'Arte povera. Gli artisti in mostra
sono: Jane Alexander, Willem Boshoff, Bongiwe
Dhlomo-Mautloa, Kay Hassan, David Thubu Koloane,
Moshekwa Langa, Bill Mandindi, Senzeni Marasela,
Kagiso Pat Mautloa, Thokozani Mthiyane, Lucas Seage,
Usha Seejarim, Kemang Wa Lehulere.
In linea con le politiche e gli obiettivi del
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione
Internazionale e in continuità con l’azione portata
avanti dall’Ambasciata d’Italia a Pretoria e dal
Consolato Generale d’Italia a Johannesburg in questi
anni, il progetto “Arte Povera and South African
Art: In Conversation” ha l’obiettivo di sviluppare
ulteriormente i ponti tra Italia e Sudafrica,
stimolando un dialogo interculturale e uno scambio
di esperienze tra due regioni geo-culturali.
Mediante l’utilizzo di un linguaggio universale
quale è l’Arte, delinea un dialogo implicito tra
l'arte italiana e quella sudafricana per dimostrare
come l'interscambio culturale sia necessario per un
proficuo sviluppo artistico transnazionale.
Il progetto “Arte Povera and South African Art: In
Conversation” sarà accompagnato da un libro/catalogo
illustrato, edito da Silvana Editoriale, bilingue
(italiano/inglese) e “doppio”, da sfogliare in due
versi. Il primo verso del volume sarà dedicato alla
mostra sull’Arte povera curata da Ilaria Bernardi e
includerà un suo ampio saggio, approfondimenti sulle
opere e sui 13 artisti e una cronologia delle più
importanti mostre dell’Arte povera dal 1967 a oggi.
Il secondo verso sarà dedicato all’esposizione
curata da Thembinkosi Goniwe e includerà un suo
saggio, nonché approfondimenti sulle opere e sugli
artisti sudafricani esposti.
Il Wits Art Museum (WAM), connesso all’University of the Witwatersrand (“Wits University”) di Johannesburg, è il più importante museo d’arte di Johannesburg dedicato all’arte africana. La sua collezione comprende oltre 13.000 opere d’arte africana ed è nata da una piccola collezione didattica dipartimentale avviata all’inizio degli anni ’50 da due professori, Heather Martienssen e John Fassler, entrambi del Dipartimento di Architettura di Wits. Alla fine degli anni ’60, Norman Herber donò ingenti fondi per l’acquisizione di opere, consentendo alle collezioni storiche e contemporanee di crescere in modo sostanziale. Nel 1978 le prime opere d’arte classica africana furono donate dall’italo-sudafricano Vittorio Meneghelli e l’anno successivo fu avviata la Standard Bank African Art Collection e John Schlesinger donò una grande collezione di oltre 100 opere. Altre importanti aggiunte alle collezioni includono la Collezione del Wits Museum of Ethnology (2001), l’Archivio Neil Goedhals (1993), l’Archivio delle stampe di Robert Hodgins (2007), la Collezione Sekoto (2010), gli archivi di Walter Battiss (2017) e Judith Mason (2017). Attualmente il museo include anche il Jack Ginsberg Centre for Book Arts che ospita oltre 3000 libri d’artista, di cui 400 sudafricani, nonché un archivio unico di 3000 oggetti sulla storia e lo sviluppo di genere dell’arte del libro, oltre a una vasta biblioteca di monografie sull’arte sudafricana. L’edificio in cui si trova il Wits Art Museum è stato progettato dagli architetti Nina Cohen, Fiona Garson e William Martinson, che sono stati premiati con il Visi Magazine Architecture Award 2012 proprio per il loro lavoro per WAM.
ARTE POVERA AND SOUTH AFRICAN ART: IN CONVERSATION
Johannesburg, Wits Art Museum
31 ottobre 2023 – 9 dicembre 2023
Contatti per la stampa:
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo s.a.s Ufficio Stampa, Pubbliche Relazioni e Progetti di Comunicazione
Indirizzo: Via San Mattia, 16 – 35121 Padova (PD)
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