Yours in Solidarity – Altre storie tra arte e parola

A cura di Sofia Gotti e Caterina Iaquinta La Biennale Donna,storica manifestazione dedicata alla creatività femminile contemporanea promossa da UDI – Unione Donne in Italia,compie vent'anni. Per celebrare questo speciale traguardo, a Palazzo Bonacossi,dal 14 aprile al 30 giugno,apre la mostra Yours in Solidarity – Altre storie tra arte e parola, con opere di sei artiste internazionali. In mostra anche un prezioso nucleo di materiali storici dell’UDI - tra documenti d’archivio, pubblicazioni,stendardi e fotografie - che ripercorre le principali tappe della Biennale Donna ricostruendo la sua evoluzione dal 1984 ad oggi.

Yours in Solidarity – Altre storie tra arte e parola

Dal 13 aprile al 30 giugno 2024 - comunicato stampa

 

La Biennale Donna, storica manifestazione dedicata alla creatività femminile contemporanea promossa da UDI – Unione Donne in Italia, giunge quest’anno alla sua ventesima edizione.

Dal 13 aprile al 30 giugno 2024 gli spazi espositivi di Palazzo Bonacossi, a Ferrara, ospitano Yours in Solidarity – Altre storie tra arte e parola a cura di Sofia Gotti e Caterina Iaquinta, una mostra che riunisce installazioni, sculture, performance e opere tessili frutto di esperienze partecipative di sei artiste internazionali: Binta Diaw, Amelia Etlinger, Bracha L. Ettinger, Sara Leghissa, Muna Mussie e Nicoline van Harskamp.

Il progetto si propone di mettere in luce alcuni aspetti peculiari della manifestazione ferrarese fin dai suoi esordi e al contempo di rilanciare la sua immagine sul territorio nazionale. L’idea è quella di continuare a far emergere “figure dallo sfondo” e, al contempo, di presentare “un nuovo arsenale di voci” pronte a levarsi per affermare la necessità di ripensarsi dentro un mondo divenuto sempre più complesso e polarizzato. Al corpus dei lavori delle artiste verrà affiancato un prezioso nucleo di materiali storici dell’UDI, tra documenti d’archivio, pubblicazioni, stendardi e fotografie, utili a ripercorrere le principali tappe della Biennale e a ricostruire la sua evoluzione.

Il titolo dell’esposizione, Yours in Solidarity, è tratto dal video dell’artista olandese Nicoline van Harskamp. L’opera si sviluppa a partire da un ricco epistolario, in seguito organizzato dall’artista in un archivio personale, proveniente da una rete internazionale di anarchici che tra gli anni Ottanta e Novanta erano soliti concludere le loro missive con il saluto “Yours in Solidarity”. Queste parole, usate per esprimere vicinanza e solidarietà dentro spazi di conflitto, hanno qui il pregio di generare occasioni di confronto tra culture, contesti e generi diversi. Affiorano storie individuali che raccontano un tempo intimo e collettivo; emerge la critica alle strutture della nostra società, che mette in evidenza culture radicate su aspetti comunitari ancor prima che matriarcali; vengono alla luce rielaborazioni di percorsi condivisi, raccolte e archivi che si pongono, così, come “bacini di memoria” necessari.Come la struttura del video di Van Harskamp, anche l’esposizione è orientata su una duplice prospettiva che individua nell’elaborazione della lettera e nella messa in scena dell’archivio le strutture alla base di connessioni primarie tra esseri umani. Dalla scrittura intima elaborata in prima persona si assiste a un’estensione del linguaggio in forme che vanno dal visivo allo slogan al documento e affermano la forza degli affetti che legano soggettività subalterne e ribelli oltre i generi e i confini.

 

La mostra Yours in Solidarity – Altre storie tra arte e parola è organizzata dal Comitato Biennale Donna dell’UDI – composto da Lola G. Bonora, Silvia Cirelli, Ada Patrizia Fiorillo, Catalina Golban, Anna Quarzi, Ansalda Siroli, Dida Spano, Liviana Zagagnoni – e dal Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara in collaborazione con la Fondazione Ferrara Arte, con il sostegno della Regione Emilia-Romagna.

In occasione della mostra sarà pubblicato un catalogo bilingue italiano e inglese con i testi delle curatrici e le immagini delle opere esposte.

XX Biennale Donna
Yours in Solidarity - Altre storie tra arte e parola

A cura di
Sofia Gotti e Caterina Iaquinta
Organizzata da UDI – Unione Donne in Italia di Ferrara e Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara in collaborazione con la Fondazione Ferrara Arte

Anteprima stampa
sabato 13 aprile, ore 11.30

Inaugurazione
sabato 13 aprile, ore 18.00

Date mostra
14 aprile - 30 giugno 2024
Palazzo Bonacossivia Cisterna del Follo 5, Ferrara
Orari da martedì a domenica, 9.30 – 13.00 / 15.00 – 18.00
Aperto anche 23 e 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno
Ingresso gratuito

Informazioni
0532 244949 | diamanti@comune.fe.it
www.artemoderna.comune.fe.it
UDI – Unione Donne in Italia
0532 206233 | udi@udiferrara.it
www.biennaledonna.it
Ufficio stampa
Sara Zolla346 8457982 | press@sarazolla.com

Amelia Etlinger (New York, 1933 – Clifton Park,1987) segna il punto di partenza della mostra. “Artisticamente” italiana, l’americana Etlinger sviluppa una pratica volta principalmente alla stesura di lettere in busta chiusa indirizzate, tra le altre, alle artiste Mirella Bentivoglio e Betty Danon. Nella sua corrispondenza la parola si nasconde tra le pieghe della carta e del tessuto e si arricchisce di frammenti (brandelli di stoffa, materiali organici e naturali), di residui e preziose tracce di un quotidiano in disfacimento. La cura dei legami intimi e viscerali della sorellanza, espressi nelle opere di Etlinger, si ravvisa anche negli olii e nei taccuini di Bracha L. Ettinger (Tel Aviv, 1948), frutto di un processo di scrittura/pittura psico-visiva. Artista ma anche teorica femminista, psicoanalista e filosofa, Ettinger realizza opere ispirate a figure mitologiche e letterarie femminili che sono state oggetto di mortificazione (Euridice, Medusa, Persefone, Ofelia). Ettinger attinge da traumi storici come l’Olocausto, che nei suoi lavori diventano “stratificazioni di immagini”, elaborazioni evanescenti di una memoria transgenerazionale e transnazionale.La mostra continua con Muna Mussie (Keren, 1978), artista di origine eritrea residente in Italia, che si esprime nell’ambito delle arti visive e della performance indagando la memoria collettiva esclusa dalle narrazioni ufficiali. L’artista collabora con gruppi di migranti con cui imbastisce progetti di ricamo collettivo che si configurano come atti di resistenza silenziosa e di presa di coscienza della memoria; i suoi progetti di ricerca riguardano la rielaborazione di archivi legati a comunità diasporiche eritree approdate in Italia e orientano una lettura dei progressivi processi di cancellazione delle storie non allineate.
 

Binta Diaw (Milano, 1995), artista italo-senegalese, sviluppa una ricerca plastica frutto di una riflessione sui fenomeni sociali che definiscono il nostro mondo contemporaneo – la migrazione, la nozione di appartenenza, la questione di genere – attraverso corpo e spazialità. Alimentando la sua ricerca con contributi sull’intersezionalità e sul femminismo, Diaw esplora molteplici livelli di identità: la sua, di donna nera in un mondo europeizzato; la nostra, e quella di un continuo crocevia di storie e geografie. In questo modo l’artista recupera storie primordiali di dominazione elaborandole, denunciando un passato controverso e oscuro. Sara Leghissa (Milano, 1984) produce manifesti con slogan poetici appropriandosi di testi, frasi, parole tratti sia dalla sua ricerca sia dagli scambi avuti nei periodi trascorsi in comunità transitorie e emarginate spesso abitate da “corpi invisibili”. La sua pratica artistica, basata sul linguaggio, si svolge principalmente nello spazio pubblico e, servendosi di ciò che è già disponibile nella realtà, crea sistemi e dispositivi che si mimetizzano e confondono con il contesto. La già citata Nicoline van Harskamp (Hazerswoude, 1975), infine, attraverso le immagini in movimento conferisce una nuova consistenza allo scambio epistolare, partendo dalla letteratura e da materiali d’archivio, in un’ottica di riappropriazione del passato. In mostra, l’artista presenta un video con un dibattito a più voci e un mosaico dell’epistolario che ripercorre e rilegge i momenti in cui l’utopia politica è stata in grado di creare legami solidali attribuendo nuovo significato e valore all’autodeterminazione.