Aldo Salucci - Corpi in attesa
«Le cose sacre non devono essere insegnate che alle persone pure; è un sacrilegio comunicarle ai profani prima di averli iniziati ai misteri della scienza.» (Prolegomeni-Ippocrate, cit. in René Lachaud, op. cit., pag. 70.)Aldo Salucci - Corpi in attesa
A.MORE gallery
presenta dal 7 marzo al 31 maggio 2024 CORPI IN
ATTESA, mostra personale di Aldo Salucci
a cura di Domenico de Chirico. L’esposizione,
nella sede della galleria in Via A. Massena 19 a
Milano, presenta una nuova serie di lavori che
l’artista romano, meneghino d'adozione, ha
realizzato negli ultimi anni e che vengono esposti
per la prima volta.
La mostra è un invito a immergersi nella sinfonia
visiva di Aldo Salucci, che per questo nuovo corposo
ciclo di opere ha come punto di partenza la biologia
e l'anatomia umana. L’artista ha realizzato le opere
grazie all'utilizzo del microscopio elettronico e
servendosi di materiali e reagenti chimici,
particolarmente colorati, ha realizzato delle opere
dogmatiche, figure indistinguibili, che solo se
osservate attentamente riportano alla mente delle
neoplasie e delle cellule tumorali. Aldo Salucci
“porta in scena” una delle più grandi paure che
l’uomo ha con l’obiettivo di esortare il visitatore
a guardare al futuro con speranza e a stigmatizzare
ogni fonte di dolore. Un’esortazione ad accettare
tutti i traumi e a concepirli come punti di forza ed
elementi caratterizzanti dell’unicità di ogni essere
umano.
“Le opere, si prefiggono l'obiettivo di
sviscerare un universo infinito e articolato fatto
sia di rimandi sia di sensi, le cui venature si
compongono, a loro volta, di un groviglio di attese
e di speranze, di traumi e di dolori, di vivaci
relazioni interpersonali in antitesi con stati di
profonda solitudine e patimento. Questo nuovo
impulso sconquassa visceralmente la dialettica
portata avanti da Salucci in cui, ancora una volta,
i colori vividi, stranianti e intensi pongono
l'accento sull'onnipresente e strabordante impulso
della natura che sovente imperversa in tutta la sua
trepidante imponderabilità. Ciò che ne consegue è il
tentativo di elaborare un’arte autentica, quella che
i greci chiamavano téchnē – afferma il curatore
della mostra Domenico de Chirico - Assecondando
una personalissima visione olistica, Salucci, così
facendo, non intende valorizzare esteticamente
qualcosa che è chiaramente fonte di dolore
prostrante bensì di ritrarlo esattamente così com'è
e più da vicino, in un moto perpetuo che lo analizza
dentro e fuori, nei pieni e nei vuoti,
attraversandolo in tutta la sua fisionomia sia
corporea sia trascendentale. Salucci ci suggerisce
di penetrare nel dolore e di leggerlo in tutta la
sua disumanizzante autorità”.
In mostra una ventina di opere caratterizzate da uno
stile semplice, vivace e immediato. L’artista
utilizza sfumature cromatiche brillanti e colori
accesi. Nelle opere troviamo ferite e lacerazioni
che Aldo Salucci ricuce intervenendo con della
polvere d’oro ispirandosi alla tecnica giapponese
del kintsugi o kintsukuroi ("riparare con l'oro”),
utilizzata dai ceramisti per riparare tazze per la
cerimonia del tè. Questa pratica nasce infatti
dall'idea che dall'imperfezione e dalle ferite possa
nascere una forma maggiore di perfezione estetica e
interiore. “Ed è proprio raccogliendo tutti quei
frammenti di testimonianze del nostro passato, tra
prove superate e altre mancate, nel tentativo di
rimetterli armonicamente insieme, possiamo
comprendere che solo quando ci lussiamo possiamo
scoprire esattamente come e di cosa siamo fatti
realmente” - afferma il curatore.
Aldo Salucci, anche in questo progetto utilizza la
fotografia non come scopo finale della sua arte, ma
come mezzo che gli permette di creare opere di
tecniche miste che spingano il visitatore a
riflettere, a interrogarsi. Opere che possano
spronare l’uomo a accettare le proprie cicatrici e
da quelle trovare nuova forza e speranza per
affrontare quello che lo può attendere. Una
selezione del nuovo ciclo di fotografie di Aldo
Salucci verrà esposto nello stand che A.MORE gallery
presenterà quest’anno a MIA Photo Fair (11-14 aprile
2024 ALLIANZ MiCo MILANO CONGRESSI).
Aldo Salucci, nato a Roma, attualmente vive e
lavora nella città di Milano. Si appassiona al disegno e alla
sperimentazione dell’uso dei colori fin dall’infanzia. Resta affascinato dal
potere della fotografia e da un meticoloso lavoro di post-produzione
digitale che gli permette di creare un nuovo forte mezzo di comunicazione
che risulta spontaneo e libero da ogni regola. La fotografia è il mezzo che
gli permette di creare opere d’arte di tecniche miste. Tra le mostre
personali si ricorda: On the nature of things, A.MORE gallery, Milano
(2021); Dystopia, Galleria Statuto 13, Milano (2018); Mud, Galleria Statuto
13, Milano (2017); Aquaticus, Galleria Statuto 13, Milano (2016). Ha inoltre
partecipato a diverse Fiere d’arte tra cui: Unfair (2023), The Others
(2023), Wopart (2022), Investec (2022), Art Verona (2021), SWAB (2021) e MIA
Photo Fair (2021 e 2019).
www.aldosalucci.com
A.MORE gallery è stata fondata a settembre 2020
in Via Massena 19, nel cuore di Milano, vicino l'Arco della Pace. La galleria si
occupa di arte contemporanea e promuove le opere di artisti nazionali e
internazionali. La sua missione è quella di offrire e presentare, attraverso una
ricerca approfondita, artisti e opere d’arte potenti e di grande impatto che
possano incuriosire amanti dell’arte e collezionisti. L’obiettivo è infatti
quello di mostrare nuove prospettive nell’ambito dell’arte contemporanea e
proporre solidi investimenti per il futuro.
www.a-more.gallery
Avendo come punto di partenza la biologia e
l'anatomia umana, le opere ardimentose del nuovo ciclo di fotografie
dell'artista romano, meneghino d'adozione, Aldo Salucci, intitolato “Corpi in
attesa”, si presentano come fortemente epistemologiche. Queste, si prefiggono
l'obiettivo di sviscerare un universo infinito e articolato fatto sia di rimandi
sia di sensi, le cui venature si compongono, a loro volta, di un groviglio di
attese e di speranze, di traumi e di dolori, di vivaci relazioni interpersonali
in antitesi con stati di profonda solitudine e patimento. Questo nuovo impulso
sconquassa visceralmente la dialettica portata avanti da Salucci in cui, ancora
una volta, i colori vividi, stranianti e intensi pongono l'accento
sull'onnipresente e strabordante impulso della natura che sovente imperversa in
tutta la sua trepidante imponderabilità. Ciò che ne consegue è il tentativo di
elaborare un’arte autentica, quella che i greci chiamavano téchnē, qui da
intendersi nel senso di "perizia", la quale genera una serie di immagini che
sopraggiungono ai nostri occhi presentandosi come fortemente dogmatiche eppur
indistinguibili. Si tratta di un ciclo piuttosto corposo di fotografie,
realizzate mediante l'utilizzo del microscopio elettronico, che vociferano di
dilanianti neoplasie, nella cui metodologia, al fine di evidenziarne la parte
malata, quella straziata dalle cellule tumorali, egli utilizza materiali e
reagenti chimici particolarmente colorati. Assecondando una personalissima
visione olistica, Salucci, così facendo, non intende valorizzare esteticamente
qualcosa che è chiaramente fonte di dolore prostrante bensì di ritrarlo
esattamente così com'è e più da vicino, in un moto perpetuo che lo analizza
dentro e fuori, nei pieni e nei vuoti, attraversandolo in tutta la sua
fisionomia sia corporea sia trascendentale. Tutte queste ferite e lacerazioni,
incontrollabili, repentine e profonde, talvolta irreversibili, vengono
amabilmente ricucite a mano da Aldo Salucci, il quale interviene dipingendo
sulla fotografia stessa mediante l'utilizzo della tecnica giapponese cosiddetta
del kintsugi o kintsukuroi, letteralmente "riparare con l'oro", considerando
quel presupposto secondo cui l’azione di impreziosire con la polvere d’oro ciò
che è infranto, accentua sovente la bellezza, rendendo ogni fragilità un punto
di ineccepibile forza. Ciò costituisce un'imperante esortazione dapprima ad
accettare tutti i nostri traumi per poi concepirli come punti di forza,
considerandoli come ulteriori elementi caratterizzanti del nostro essere unici
nel mondo. Ed è proprio raccogliendo tutti quei frammenti di testimonianze del
nostro passato, tra prove superate e altre mancate, nel tentativo di rimetterli
armonicamente insieme, possiamo comprendere che solo quando ci lussiamo possiamo
scoprire esattamente come e di cosa siamo fatti realmente. E, dunque,
rifacendosi al motto del Positivismo, quello ideato dal filosofo francese
Auguste Comte nel 1852, ovvero: «l'amore per principio, l'ordine per
fondamento, il progresso per fine» e prefiggendosi l'obiettivo di
stigmatizzare ogni fonte di profondo dolore, Salucci, mediante questa nuova
serie di lavori, ricorre coraggiosamente ai fatti, alla sperimentazione, alla
prova della realtà, uscendo dai discorsi speculativi e dalla ricerca
dell'assoluto, accettando i limiti ingeniti della ragione e, quindi, della
relatività della conoscenza, affidandosi alla capacità dell'uomo di controllare
i fatti, nel tentativo di indirizzarli verso nuovi e sempre più sorprendenti
orizzonti, seppur, in questo caso, impregnati di una brulicante e oltremodo
dolente inesorabilità. Salucci ci suggerisce di penetrare nel dolore e di
leggerlo in tutta la sua disumanizzante autorità, considerandolo come, per dirla
con la grande e tormentata poetessa Alda Merini, una «mancanza netta di
orizzonti», «senza domani» che categoricamente «chiude le labbra», il quale,
dirompendo furiosamente, elargisce spaventi che interrompono il fiato con
pusillanime tracotanza. Per di più, bisogna imparare a chiamare le cose con il
loro nome così da non alimentare la paura della cosa stessa. Sulla base di tali
presupposti, mediante uno stile semplice, vivace, immediato e ondoso, in cui le
brillanti sfumature cromatiche imperversano liberamente, Aldo Salucci ci
richiama alla non procrastinabile importanza della rinascita, successiva solo
all'accettazione, dando, così, vita ad una nuova epoca dell'umanità, quella che
egli stesso chiama "epoca d'oro", sintomatica di una profonda e prospera
rifioritura che instancabilmente si autorigenera, germogliando dalle sue più
oscure ma sempre feconde ceneri. Ed è solo così che lo spirito, altissimo e
inviolabile, può continuare a risplendere imperturbabile, avvolto dalle sue
insostituibili e luminosissime tonalità auree. E come diceva Gabriele D'Annunzio
nel suo romanzo "L’Innocente": «No, no. Respira. Finché c'è fiato, c'è speranza.
Coraggio! E introduceva tra le labbra livide del morente un cucchiaino d'etere».
Domenico de Chirico
CORPI IN ATTESA
Mostra personale di Aldo Salucci
A cura di Domenico de Chirico
A.MORE gallery | Via A. Massena, 19 Milano
7 marzo – 31 maggio 2024
Inaugurazione: mercoledì 6 marzo dalle 18.00
Orari: Martedì 17.00-19.00 | Mercoledì 15.00-19.00 | Venerdì
10.00-13.00/15.00-19.00 | Sabato 10.00-13.00
Ingresso gratuito
UFFICIO STAMPA
Laura Cometa
Lauracometa.press@gmail.com | + 39 327 1778443